#FANALINO di CODA
La ripresa economica mondiale sembra arrivare in forma stabile ed il prodotto interno lordo (pil) dell’Italia beneficerà, secondo le più recenti previsioni della Commissione Europea, di una crescita dello 0,9% nel 2017 e dell’ 1,1% nel 2018. Siamo fuori dal terribile tunnel della recessione iniziata a fine 2008 con il fallimento della Lehman Brothers? Parrebbe di si; anche se occorre capire come mai, dopo essere stati fra quelli il cui pil è calato maggiormente dal 2009 al 2016, ora siamo il fanalino di coda dei 28 stati della UE con una previsione di crescita del pil pari alla metà della media dei 28, media che si attesta all’1,8% appunto (noi compresi). Per non parlare degli Stati Uniti che crescono 3X. Verrebbe spontanea una domanda: come mai quando l’economia mondiale cala, noi caliamo più di tutti (cioè siamo i peggiori) e quando invece cresce, noi cresciamo meno di tutti (cioè siamo i peggiori)? Questa storia di essere/essere stati i peggiori nel decennio che si concluderà nel 2018, oltre a ferire chi ha un po’ d’orgoglio nazionale, ha delle conseguenze dolorosissime sia nel breve periodo (infatti la nostra ricchezza è calata notevolmente in assoluto e rispetto alle altre Nazioni, la disoccupazione invece fatica a calare, le famiglie sotto la soglia di povertà aumentano sensibilmente) che nel lungo periodo (alto rischio di perdere leadership di mercato, de-industrializzazione ed altissima probabilità di aumento del debito pubblico ). Sappiamo tutti molto bene che il nostro pil è calato più degli altri negli anni della crisi a causa dell’ impossibilità dello Stato di intervenire con capitali freschi in aiuto alle imprese ed alle banche in difficoltà (il debito pubblico italiano era già superiore al 120% del pil nel 2009) mentre le altre Nazioni hanno iniettato capitali ingentissimi (US, Germania e UK in testa) pur non raggiungendo rapporti di debito/pil paragonabili al nostro. Cosa invece ci impedisce di crescere adesso quanto o più degli altri? Il rapporto dell’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), emesso a Febbraio, lo spiega senza mezzi termini ( trovate il rapporto integrale in locandina tradotto in italiano) anche se in forma edulcorata e gentile.
Ecco la sintesi delle azioni principali, espressa in forma brutale:
- avanti con le riforme (alcune sono già cadute)
- risanare il sistema bancario per permettere l’erogazione di prestiti
- investire in infrastrutture per aumentare la produttività
- eliminare l’inefficienza della Pubblica Amministrazione
- sveltire significativamente le procedure giudiziarie
- riformare le regolamentazioni sulla concorrenza
- permettere l’accesso al credito per start-up e PMI
- eliminare i monopoli
- ridurre il mismatch di competenze
Si tratta di progetti pesantissimi e di azioni importanti di lungo periodo che, insieme con la moralizzazione della Politica e della Pubblica Amministrazione, rappresentano la chiave di volta per abbandonare l’ultimo vagone e salire non sulla carrozza di prima classe ma addirittura sulla locomotiva trascinatrice del convoglio. Un’occasione che non possiamo perdere.
Luca Bertazzini lbertazz@libero.it
Gli ambienti che frequento non mi danno l’impressione di un’economia che si sia stabilizzata. Tutto è ondivago e le ciclicità al ribasso sono molte. Le famiglie si stanno indebitando. Il Commercio cittadino, quello di vicinato, sta morendo. L’industria 4.0 è una bufala mediatica, sfornata da industriali che per rilanciarsi hanno bisogno di auto convincersi che ce la possono fare. E la politica? Direi che il Lingotto basti e avanzi. Questo scrivere realistico, non vuol significare la distruzione di nulla, ma far emergere la necessità che ci si deve rimboccare le maniche e smetterla di raccontarcela come tira il vento.
I prossimi anni vedono un’aumento del Pil senza conseguenze sulla nostra vita di oggi. Il debito pubblico, nonostante oggi ci costi meno in interessi, viaggia senza freni. E la sintesi che lei descrive con attenzione, ci espone ad un’impegno materiale e culturale obbligatorio, ma che non vedo come preoccupazione ordinaria. Si tira di là e di qua senza sapere dove si andrà a finire. Basta tirare.
La regola è fermarsi per poi ripartire. Ma a quanto pare nessuno è intenzionato a farlo. Si continua a cambiare macchinista in corsa. E il treno va. E nessuno è in grado di fermarlo, se non subendo delle conseguenze dirompenti che lo escluderanno negli anni a venire da ogni tipo di impegno politico.
Lei finisce nel modo giusto. La moralizzazione. Più che della politica e dell’amministrazione, io la definirei, dell’uomo. A quanto pare sembra che la posizione che ognuno di noi stia occupando sia diventata insostenibile. I ruoli che la vita ci propone ci stanno tutti stretti. Vorremmo essere gli altri, coloro che abbiamo di fronte. Quelli che hanno tutto o presumibilmente, hanno. Si deve per forza essere furbi, fregare qualcuno e vincere e stravincere sui nostri avversari. Uomini e donne che non hanno un’identità ben precisa. Ma sono. Ci scagliamo contro tutto e tutti e alla fine ci sentiamo bene. Ci sentiamo vincenti. Ecco, forse un pò di freno ci aiuterebbe a capire meglio che scempiaggini stiamo facendo.
Poi politica, giustizia, moralità, sicurezza sociale e via di questo passo vanno certamente rimesse in gioco.
Non entro,per ora, nel merito del tema indicato “siamo il fanalino di coda” etc.perchè ritengo che rispondere o commentare gli argomenti in esso trattati richiederebbe, oltre che una conoscenza approfondita che non ho,spazi di scrittura e tempi molto lunghi.Posso solo dire, anche se un pò banale, che condivido quasi tutte le considerazioni fatte da chi le ha scritte.Desidero invece fare un breve commento avendo partecipato alla “lezione” di mercoledi scorso sul tema degli Enti Locali etc. Senza nulla togliere alla lodevolissima prolusione della Prof.ssa Pelucchi ho notato troppa “scolarità” nel trattare il tema. E’ intervenuto l’esimio Avv. Santamaria che è invece sempre “efficace ed efficiente”.Comunque complimenti a tutti e….sempre avanti cosi. Alla prossima, cordiali saluti
Qualcuno, che non aveva le fette di salame sugli occhi, l’aveva previsto parecchi anni fa che saremmo diventati il fanalino di coda. Quando un Paese non ha il minimo rispetto delle normali regole di convivenza civile e quando ognuno pensa che le colpe sono solo degli altri e che i soliti altri si devono preoccupare di trovargli il lavoro, la pappa, la casa e quant’altro (non vi ricorda nulla il ’68?) … l’essere ancora agganciati al treno, anche se come fanalino, è già un miracolo. Miracolo che può ricondursi al tanto declamato “stellone italiano”, ma bensì a quella moltitudine di italiani, purtroppo non la maggioranza, che tutti i santi giorni si dà da fare oltre ogni dire per far sì che aldilà del debito monstre, della mancanza di infrastrutture adeguate ad un Paese industrializzato, delle tasse sovraumane, di una giustizia lenta e inefficiente, di una politica che pensa agli affari suoi e non al bene del Paese, di una burocrazia asfissiante, si riesca a mantenere questo Paese nel ristretto novero del G7. Questi nostri connazionali meritano il nostro plauso fragoroso e continuo.
Certo tutti ardono dal desiderio di realizzare la lista OCSE infatti guarda come si combattono senza risparmio di colpi per identificare chi le dovrà portare a termine
Concordo su tutto, peccato ci vorrebbero circa 5 anni di iter legislativo per ognuno dei punti raccomandati dall’OCSE…e in questo paese siamo bravissimi a fare un passo avanti e due indietro! Il problema è capire da dove cominciare….