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#FANALINO di CODA 4.76/5 (25)

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La ripresa economica mondiale sembra arrivare in forma stabile ed il prodotto interno lordo (pil) dell’Italia beneficerà, secondo le più recenti previsioni della Commissione Europea, di una crescita dello 0,9% nel 2017 e dell’ 1,1% nel 2018. Siamo fuori dal terribile tunnel della recessione iniziata a fine 2008 con il fallimento della Lehman Brothers? Parrebbe di si; anche se occorre capire come mai, dopo essere stati fra quelli il cui pil è calato maggiormente dal 2009 al 2016, ora siamo il fanalino di coda dei 28 stati della UE con una previsione di crescita del pil pari alla metà della media dei 28, media che si attesta all’1,8% appunto (noi compresi). Per non parlare degli Stati Uniti che crescono 3X. Verrebbe spontanea una domanda: come mai quando l’economia mondiale cala, noi caliamo più di tutti (cioè siamo i peggiori) e quando invece cresce, noi cresciamo meno di tutti (cioè siamo i peggiori)? Questa storia di essere/essere stati i peggiori nel decennio che si concluderà nel 2018, oltre a ferire chi ha un po’ d’orgoglio nazionale, ha delle conseguenze dolorosissime sia nel breve periodo (infatti la nostra ricchezza è calata notevolmente in assoluto e rispetto alle altre Nazioni, la disoccupazione invece fatica a calare, le famiglie sotto la soglia di povertà aumentano sensibilmente) che nel lungo periodo (alto rischio di perdere leadership di mercato, de-industrializzazione ed altissima probabilità di aumento del debito pubblico ). Sappiamo tutti molto bene che il nostro pil è calato più degli altri negli anni della crisi a causa dell’ impossibilità dello Stato di intervenire con capitali freschi in aiuto alle imprese ed alle banche in difficoltà (il debito pubblico italiano era già superiore al 120% del pil nel 2009) mentre le altre Nazioni hanno iniettato capitali ingentissimi (US, Germania e UK in testa) pur non raggiungendo rapporti di debito/pil paragonabili al nostro. Cosa invece ci impedisce di crescere adesso quanto o più degli altri? Il rapporto dell’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), emesso a Febbraio, lo spiega senza mezzi termini ( trovate il rapporto integrale in locandina tradotto in italiano) anche se in forma edulcorata e gentile.

Ecco la sintesi delle azioni principali, espressa in forma brutale:

  1. avanti con le riforme (alcune sono già cadute)
  2. risanare il sistema bancario per permettere l’erogazione di prestiti
  3. investire in infrastrutture per aumentare la produttività
  4. eliminare l’inefficienza della Pubblica Amministrazione
  5. sveltire significativamente le procedure giudiziarie
  6. riformare le regolamentazioni sulla concorrenza
  7. permettere l’accesso al credito per start-up e PMI
  8. eliminare i monopoli
  9. ridurre il mismatch di competenze

Si tratta di progetti pesantissimi e di azioni importanti di lungo periodo che, insieme con la moralizzazione della Politica e della Pubblica Amministrazione, rappresentano la chiave di volta per abbandonare l’ultimo vagone e salire non sulla carrozza di prima classe ma addirittura sulla locomotiva trascinatrice del convoglio.                  Un’occasione che non possiamo perdere.

           Luca Bertazzini  lbertazz@libero.it

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