#FONDATA_sul_LAVORO
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. E’ il primo articolo della COSTITUZIONE. Affermazione shock che dice : il pilastro fondamentale su cui si fonda la Repubblica è il LAVORO !! I Padri Costituenti (approfondisci) avrebbero potuto scegliere qualcosa d’altro come la pace, lo sviluppo, il benessere,….la felicità, uno di questi oppure alcuni o tutti; invece scelsero il lavoro e quello solamente. Letto altrimenti significa che senza lavoro non c’è, non esiste Repubblica democratica. Mai come oggi, con tassi di disoccupazione nazionale molto elevati (approfondisci) e giovanile elevatissima (approfondisci), possiamo apprezzare quanto strategica sia stata la “VISION” dei Padri Costituenti. Infatti il dramma delle FAMIGLIE , senza lavoro e stipendio, spinge a mettere in discussione tutto e tutti, a cominciare dalla democrazia appunto. Sappiamo che il lavoro prospera dove c’è sviluppo, lo sviluppo si realizza dove la libera iniziativa è incoraggiata e favorita ma non dove è impastoiata o addirittura repressa. Dal dopo guerra agli anni 80, la crescita si realizzò come qualcosa di congenito nelle economie occidentali ed il lavoro di conseguenza. Dagli anni 90 si è imposta la crescita esplosiva dei BRICS (approfondisci) divenuti la fabbrica del Mondo e conseguentemente la de-industrializzazione dell’Occidente. La crescita globale annuale è rimasta sempre la stessa ma sono cambiati gli attori e le aree geografiche. Dal 2008 è sopraggiunta la crisi mondiale. Era ed è il momento in cui rendere assolutamente prioritario l’articolo primo della Costituzione. Servono snellezza, intelligenza e flessibilità per cambiare, innovare, trasformare, riadattare e reagire. In che situazione si trova l’Italia ?? : 1) tassa il lavoro a livello record (approfondisci) che più non si può e 2) ingessa il lavoro che più non si può (statuto dei lavoratori… art.18…etc approfondisci) finchè morte non separi, quella dell’Azienda appunto, con grave danno per tutti i lavoratori coinvolti. Infatti da noi il concetto che dipendente ed Azienda si possano separare, su iniziativa dell’Azienda, in modo regolamentato, è ancora un concetto impensabile. L’interpretazione più diffusa ad oggi dell’articolo 1 è : ” i lavoratori in attività hanno il sacro santo diritto di mantenere il proprio posto di lavoro per sempre”. Sappiamo bene invece che un mercato del lavoro libero e flessibile farebbe moltiplicare le iniziative industriali mentre eliminerebbe le aziende decotte (basta con le miniere del Sulcis e affini approfondisci) e distruttrici di aiuti pubblici, con bilancio netto finale ampiamente positivo soprattutto per l’occupazione e proprio a vantaggio di quei lavoratori delle Aziende in crisi che troverebbero re-impiego molto più facilmente, come del resto dimostrano le altre Nazioni : Germania, Inghilterra, Giappone e Stati Uniti in testa (approfondisci). Il risultato di tutta questa rigidità è che i giovani sono disoccupati in percentuale altissima e che i lavoratori di età inferiore a 40 anni sono precari. Non si assume per decreto governativo!! Chiaramente questa difesa di posizione, statica e ad oltranza, in un contesto dinamico di continuo cambiamento, si è ormai mostrata nei fatti inadeguata. Oggi più che mai la nostra Costituzione, tramite i Suoi articoli, primo fra tutti il numero 1, ci sprona ad agire nella giusta direzione. Viva il LAVORO, Viva la REPUBBLICA.
Luca Bertazzini lbertazz@libero.it
Visto che mi hai chiamato in causa, caro marcbello, io avrei un’idea per un “passaggio generazionale lavorativo”. Mi spiego. Uno dei problemi drammatici è il gap che esiste tra chi cerca un lavoro e la professionalità che una impresa richiede, in particolare nelle PMI. Il risultato è che il giovane rimane a casa e l’azienda continua ad usufruire delle competenze di collaboratori magari già in pensione con modalità varie (tra cui anche il cosiddetto “fuori busta”). Allora una possibile soluzione potrebbe essere la seguente: si fa un semplice contratto tra un anziano già in pensione e un paio di giovani della durata di un paio d’anni in modo tale da poter trasferirne la professionalità. Già ma i costi? Dovrebbero essere i seguenti: l’anziano ha già la sua pensione e il suo stipendio diviso per due serve per retribuire i due giovani: questa sì che sarebbe una “solidarietà generazionale”!
Scusate se non faccio un intervento giuridico. Del resto sarebbe inutile. Ho però voglia di dire che dobbiamo fare tutti in modo di creare lavoro. Poi stabiliremo se deve essere fisso o flessibile ma al momento necessita prima attuare l’articolo della Costituzione. Ognuno è chiamato a fare qualcosa, sacrificandosi magari per mantenere dei posti di lavoro se è un imprenditore, aiutando chi cerca di costruirsi un posto di lavoro, dando idee a chi il lavoro deve e può inventarselo, magari aiutando economicamente chi vorrebbe avviare un lavoro in proprio. Non è demagogia ma solo un pronto interevnto irrinunciabile per uscire da una situazione davvero pesante. I giovani sono il futuro e il perno della nazione, il lavoro per loro deve diventare l’obiettivo principale di ogni cittadino. Poi costruiremo tutto il resto.
Sforziamoci di fare la nostra parte, anche piccola, non importa ma non possiamo soltanto aspettare la politica e le istituzioni.
Sono sicuro che Agorà vuol dire anche questo e chi vi fa parte può e deve agire in questa direzione.
Buon lavoro ( lo auguro di cuore ) a tutti.
Avv. Santamaria
D’accordo avv. ma per esempio nel mio caso, ho studiato tantissimo ed ora fatico molto a trovare un lavoro. Faccio tanti colloqui ma poi siamo moltissimi per una sola posizione. ok per gli eccellenti ma poi ci sono anche gli altri che non sono male. Io penso che oggi se le aziende potessero farlo in modo flessibile assumerebbero molto di più. E per non correre il rischio di perdere il lavoro finisce che non lo trovo neanche il lavoro come mi pare che abbia già detto qualche altro amico. Per risolvere il problema dell’occupazione giovanile perché non provare ad alleggerire ed adeguare la normativa di tutela del lavoro almeno per i neo assunti ma per tutti i giovani ( diciamo under 35) in generale?
Sono d’accordo: la tutela della libera iniziativa è il fondamento per la crescita del benessere, per la soddisfazione di chi vuole intraprendere ed è premessa per la creazione di risorse da investire nuovamente in un ciclo virtuoso. Sono anche del parere, però, che c’è grande bisogno di un nuovo patto, liberamente discusso e definito, tra cittadini e Stato. La nostra Costituzione, garante della nostra libertà nei decenni del dopoguerra, credo manifesti qualche segno di invecchiamento, logico e niente affatto imprevedibile. Grave però è continuare ad ignorare che il patto tra cittadini e stato sia “immodificabile” e debba rimanere stabile e immutato sempre e comunque, anche quando le circostanze storiche, sociali, economiche e culturali si modificano profondamente.
La vicina Svizzera, per esempio, nella sua mirabile storia democratica, ha più volte messo mano a modifiche alla sua Costituzione, senza alcuno scandalo ma invece con vantaggi tangibili per i cittadini.
In Svizzera sono abituati a guardare al futuro, immaginare nuovi modi di convivenza tra concittadini per migliorarsi ed essere sempre competitivi coi modelli istituzionali delle altre nazioni.
Nel panorama delle grandi riforme, una “rivisitazione” della nostra Costituzione è necessaria perché è indispensabile che il patto di fiducia tra cittadini sia realmente tale.
Al fine di rendere il blog un raccoglitore di idee da poter poi elaborare perchè i partecipanti non inviano qualche proposta su come poter risolvere l’ormai cronica situazione della dispoccupazione giovanile anche in considerazione al fatto che la loro preparazione al mondo del lavoro è piuttosto lontana da quanto il medesimo richiede ?
Io penso che la prima cosa da fare sia di abolire lo statuto dei lavoratori per i neo assunti ed introdurre una normativa molto più snella che preveda anche di terminare il rapporto su iniziativa aziendale, previo equo e ragionevole compenso da stabilire. Non sono preoccupato del licenziamento anzi magari fossi licenziato!! Vorrebbe dire che avrei lavorato. Così invece ho un sacco di diritti potenziali che non potrò MAI esercitare. Inoltre toglierei subito le tasse dal costo del lavoro; ma proprio a zero. Così facendo però non so se ci avvicineremo di nuovo al rischio bancarotta. Ecco cosa farei io, se potessi. Tu invece passator cortese cosa faresti ???
Flessibilità? In Italia abbiamo maestri da cui possiamo prendere lezione e spunto: i nostri politici
Ritengo che, oltre alla pressione fiscale, anche la burocrazia con tutte le sue norme, leggi e sottoleggi, sia una bella zavorra per tutte quelle imprese che hanno ancora voglia di rimettersi in gioco e di rischiare
La disoccupazione giovanile ai livelli stratosferici attuali è il problema più grande che una Nazione possa avere. Oggi è la festa della Repubblica ma lascia l’amaro in bocca constatare che tantissimi giovani, soprattutto laureati, non riescono a trovare lavoro se non all’estero. E’ un problema che le generazioni del dopo guerra non hanno mai dovuto affrontare. Se non avessimo già il debito che abbiamo lo Stato potrebbe dedicare risorse per sviluppare iniziative o per lo meno farsi garante di prestiti per intraprendere attività nuove, ma come siamo messi impedisce questo intervento diretto e allora siamo obbligati a fare davvero le riforme di liberalizzazione anche se dovranno passare parecchi anni prima di vederne i benefici e, in ogni caso, prima bisogna farle davvero.
Il prodotto Interno Lordo deve tornare a crescere in modo importante del 2 o 3 per cento per avere un calo significativo della disoccupazione giovanile. Bisogna fare ogni sforzo per favorire l’industria che esporta in Europa e nel Mondo. Finalmente ne abbiamo capito l’importanza e poi dobbiamo seriamente affrontare l’incremento del turismo, quello estero e non perdere posizioni ogni anno che passa.
Il tema della flessibilità porta il nostro paese in un Medioevo culturale difficile da debellare. Scalfire il mito del posto fisso garantito a vita, credo sia per gli italiani un Everest da scalare non avendo ancora, purtroppo, l’attrezzatura mentale adeguata. Nella società globale dove la comunicazione ha abbattuto qualsiasi tipo di barriera anche temporale, non è possibile difendere scelte antiche e obsolete. Speriamo nei giovani, in menti fresche e dinamiche, che dobbiamo mettere in condizione di vivere quella flessibilità che noi anziani invochiamo.
Sono d’accordo con te, Per noi giovani, soprattutto donne, le esperienze lavorative degli ultimi dieci anni ma anche più, hanno dovuto per necessità essere variegate, passando da un lavoro all’altro e fortunata chi ha avuto la possibilità di farlo. Già nei fatti, se vuoi lavorare devi cambiare continuamente e anche quando stai lavorando in un certo posto occorre valutare continuamente delle alternative. Ritengo che lavorare per tutta la vita lavorativa nella stessa azienda sia ormai, nei fatti, fuori dalla logica del mercato e lottare sindacalmente perché questo non succeda sia uno spreco inutile di risorse.
Il lavoro sarà pure super tassato, le relazioni sindacali saranno pure super ingessate per cui non si riesce a fare niente ma intanto noi giovani siamo senza lavoro e non ci difende nessuno e quelli fortunati che trovano un lavoro lo trovano a condizioni inaccettabili per quelli che fanno parte da un pezzo del mondo del lavoro. Sento poi che i giovani migliori cercano di lavorare all’estero e trovano. Secondo me è un grave rischio perché potrebbero non tornare più in Italia
Le industrie nascono si sviluppano e muoiono perché i loro prodotti e servizi vengono superati da altri migliori e più competitivi. È un ciclo, una volta secolare poi di 50 anni, ora di10. Le aziende devono adeguarsi, alcune scompaiono,altre nascono e crescono, altre si trasformano. Negare questo è suicidarsi come economia e come nazione. Bisogna invece assecondare questo andamento con strumenti flessibili sia di incoraggiamento per chi cresce sia di tutela ragionevole per chi scompare.
Una riflessione: le nostre aziende sostengono costi per la giusta tutela sociale dei dipendenti, per giustamente preservare la sicurezza e l’ incolumità dei lavoratori, per contribuire alla giusta salvaguardia dell’ ambiente. Solo chi è all’ interno di un sistema produttivo può confermare quanto elevata sia l’ incidenza di queste voci nella somma finale del prezzo di vendita di un qualsiasi manufatto industriale al Consumatore finale. Eppure acquistiamo gli stessi prodotti che noi non possiamo più fabbricare perché non remunerativi rispetto alla concorrenza straniera (o italiana delocalizzata) provenienti dall’ estero, prodotti molto convenienti grazie al completo disprezzo in fase di fabbricazione dei giusti principi prima elencati; non sarebbe giusta una sorta di certificazione internazionale sociale e ambientale per le aziende dei paesi produttori extra europei?
Si, concordo sul concetto di flessibilitá come valore in linea teorica, bisogna però fare i conti col fatto che il tasso medio di disoccupazione in italia rimane uno dei più bassi dell’eurozona.
http://www.indexmundi.com/map/?t=0&v=74&r=eu&l=it
Non sono sicuro che una semplice flessibilizzazione del mercato del lavoro porterebbe porterebbe benefici sul breve-medio termine. Servirebbe un programma più ampio, che comprenda anche un miglioramento della formazione scolastica e professionale.
Non credo sia un caso che tutti i paesi citati a modello abbiano un sistema universitario nettamente migliore del nostro.
http://www.theguardian.com/news/datablog/2014/mar/06/worlds-top-100-universities-2014-reputations-ranked-times-higher-education
Temo che il professionista medio italiano non avrebbe le capacitá per ricollocarsi sul mercato in modo efficace. Forse che la tutela del posto fisso, nella situazione in cui siamo, sia ancora una buona garanzia di stabilità del mercato del lavoro?
La Cina ed in generale i brics hanno ormai il monopolio delle produzioni a grandi volumi. L’industria italiana si è già riposizionata. Bisogna favorirla ed ammettere che è la cosa più importante su cui concentrarsi. Solo da qui nasce il rilancio, la crescita e l’aumento dell’occupazione
Si, l’osservazione è acuta! La Costituzione dice: fondata sul lavoro e non sul posto di lavoro come invece è l’interpretazione corrente. Il lavoro dev’essere produttivo per portare contributo allo sviluppo. Oggi soprattutto nell’amministrazione, ma nello Stato in generale, c’è gente che impedisce di fare le cose, rema contro
Dell’articolo mi limito a due sole parole chiave: tasse e flessibilità. Sono solo un piccolo campione di un ben altro numero di parametri che intervengono nel mondo del lavoro: cultura, burocrazia, corruzione, globalizzazione, professionalità, ricerca, eccellenza, produttività, contributi, pensione, wellfare,etc etc..
“Tasse”: da ridurre subito!!!, ed anche azzerarle per un giovane neo assunto e ridurle per una azienda che porti in Italia la propria produzione.
Flessibilità: nella entrata e nella uscita nel mondo del lavoro accettando anche il fatto di essere pagati meno se l’azienda è in difficoltà oppure di fare altri lavori, magari facilitati da seri programmi di formazione. Salvaguardare il lavoratore e non il posto di lavoro!!