#UNIVERSITA’ SOMARA
Il sapere più alto è erogato dalle UNIVERSITA’ e la laurea è il coronamento di un percorso di apprendimento, spesso faticoso e pieno di sacrifici, che porta ad un traguardo importantissimo per un giovane ma anche per l’Italia che ha disperato bisogno di risorse qualificate e capaci di ispirarne lo sviluppo. Ma è davvero così ? Le Università Italiane mettono davvero i giovani, soprattutto quelli che si laureano con voti brillanti e magari “cum laude”, in condizione di affrontare con competenza e con successo il mondo del lavoro ? Sono capaci di creare, sviluppare e formare competenze in sintonia con le esigenze dei Mercati del Villaggio Globale o addirittura di anticiparli e magari condizionarli ? Stando alle classifiche mondiali che prestigiose organizzazioni pubblicano su base annuale (esempio la QS World University Rankings 2013/14) sembrerebbe che,a parità di voto, un laureato proveniente dall’ Università di BOLOGNA, la migliore delle italiane, acquisisca competenze, capacità e quindi valore pari alla metà di un suo collega proveniente dalle prime otto che sono nell’ordine: MIT, Harvard, Cambridge, UCL, ICL, Oxford,Stanford, Yale: quattro sono inglesi e quattro americane (approfondisci).
L’Italia vanta circa un centinaio (approfondisci) di Università, fra pubbliche e private, la migliore è Bologna che si piazza al 188mo(centoottantottesimo) posto con voto 5+ mentre il Massachusetts Institute of Technology(MIT) prende 10; il Politecnico di Milano 5- – e si piazza al 230mo posto (approfondisci). E pensare che Bologna, fondata nel 1088, è stata nel mondo il prototipo (approfondisci) dell’ Università laica. La classifica QS di allora, l’avrebbe piazzata prima per secoli con punteggio 10 . Frequentata soprattutto da stranieri , oggi totalmente assenti e punta di diamante di una rete Universitaria italiana prestigiosa per secoli. Cosa è successo all’Alma Mater, cosa è successo alle Università italiane nel corso degli ultimi tempi ?? . Ecco i voti:le prime due prendono 5+, le quattro successive 4+, le cinque successive 3+, e tutte le altre 80 da 2+ a zero (approfondisci). Come è possibile che la culla della Civiltà e della Cultura, la Nazione che ha inventato le Università, che ha fatto rinascere la Civiltà , la musica, ha imposto al mondo lo stile barocco….e la lista potrebbe non finire mai, oggi viene platealmente bocciata nei suoi centri del sapere e costretta dietro la lavagna con in testa il cappello a orecchie lunghe del somaro? Eppure le risorse a disposizione sono notevoli, il numero di docenti immenso,le sedi tantissime. Come mai l’Italia non ha almeno 4 o 5 Istituzioni che gareggiano fra le prime venti nel Mondo, perché i nostri docenti non monopolizzano gli articoli pubblicati sulle principali riviste scientifiche ed umanistiche del Mondo? Cosa ci impedisce di avere i docenti più bravi del Mondo? Eppure da sempre abbiamo il campionato di calcio più bello ed attiriamo i giocatori più bravi del mondo. Forse che la qualità dei nostri docenti interessi e valga di meno??
Un dato che deve far riflettere è che le Università più prestigiose sono tutte private . Sembra che lo Stato, nell’erogare il servizio universitario , se la cavi dal punto di vista quantitativo ma fallisca miseramente per qualità. E cosa se ne fa l’Italia di laureati che valgono, i più bravi, la metà dei loro colleghi stranieri e giù giù a scalare (approfondisci) ? Dov’è il disegno strategico dei nostri saperi e che cosa occorre fare per realizzarlo ? Non è che uscendo finalmente dalla logica burocratica ed entrando in quella meritocratica con la metà della spesa potremmo ottenere il doppio ? La vicenda famosa dei Ragazzi di via Panisperna del 1926 ne è la prova lampante.
In sintesi il nostro sistema universitario è un sistema fallimentare che succhia risorse a non finire, senza restituire risultati; il che significa niente sviluppo economico, niente crescita per la Società. E’ un sistema che va ripensato velocemente e che deve avere come indicatori di successo i sette della classifica QS : Ricerca (numero di pubblicazioni,interventi, Nobel…) Insegnamento (qualità ,surveys,metodo…) Capacità di far trovare un lavoro (tempi dalla laurea,posizioni, stipendi…) Sedi (qualità ,infrastrutture,mezzi…) Internazionalizzazione (popolazione straniera,interscambio universitario….) Innovazione(numero scoperte..) Relazione (città,Nazione….) Accesso (borse,facilitazioni….) e non l’ottemperanza a leggi e leggine indigene e ad una burocrazia auto referenziata che non produce frutto.
Luca Bertazzini lbertazz@libero.it
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Penny
la preparazione culturale nelle nostre Universita’ e’ sempre di ottimo livello perche la cultura italiana eccelle nel mondo. peccato che risulti poi sganciata dalla realtà nel campo del lavoro che richiede invece efficienza e applicazione pratica .troppa teoria in universita’ ecco perche’ sono nati i Master!
L’ignoranza e l’arroganza in Italia la fanno da padrona, Si dice sempre che il genio italico emerge sempre… ma quando mai!!!. Il re è nudo!! Una volta forse, ma oggi il mondo va ad una velocità folle, e noi siamo rimasti indietro di molto su tutto. Ma avete mai assistito a certe trasmissioni tv dove giovani universitari di bell’aspetto davano risposte assurde a domande di cultura media/elementare: Hitler ..boh!, Mussolini mah!, siamo andati sulla luna.. ah si?!?! e così via.. veramente disarmante!!!
Allora, università si, ma se ad essa arrivano persone assolutamente impreparate si deve perdere tempo ad insegnare le tabelline!! .. tanto ci sono le calcolatrici, cosa serve saperle!!
Vogliamo una scuola, specie le medie e le superiori (si dice ancora così?), che insegni, dove prevalga il merito di insegnanti e studenti, selettiva,meno sindacalizzata e area di parcheggio. L’università collegata al mondo delle imprese, dove ci sia un minimo di programmazione degli studi che porti verso un posto di lavoro “probabile”, etc etc. Insomma se vogliamo creare quella che sarà la futura area dirigente, l’università deve cambiare profondamente e dovrà diventare competitiva, in termini qualitativi, se vorrà accedere alle risorse pubbliche!! basta con piccole e inutili università che servono solo a soddisfare il solito numero di raccomandati somari!!
Università, ricerca, innovazione, formazione: temi centrali per pensare il futuro di una Nazione. Purtroppo, come per molti altri temi importanti, l’Italia non riesce ad esprimere il meglio sotto il profilo istituzionale.
Largo all’iniziativa libera dei cittadini, largo alle università private, spazio alla collaborazione industria – università, libera professione – ricerca. Per la mia esperienza, nelle università esistono alcune eccellenze tra i docenti ma queste sono mortificate dalla “burocratizzazione” generalizzata della formazione e dalla indifferenze del settore pubblico al merito, quello vero guadagnato sul campo.
Inoltre il sistema non favorisce ma anzi scoraggia i giovani capaci dall’intraprendere l’esperienza di ricercatore.
Non si deve commettere l’errore di non fare sentire la voce del buon senso. Le cose devono cambiare sull’onda di un impegno critico costruttivo di tutti coloro che l’esperienza sul campo l’hanno fatta e possono trasmettere ottimi consigli e spunti per un reale cambiamento.
Alla base ci vuole comunque una visione futuribile che non sembra ancora alla portata dell’attuale classe politica…Speriamo !!
Analisi della situazione precisa! Ma purtroppo nell’aria c’è odore di rinuncia, la frase ricorrente che si sente pronunciare ai giovani è: andrò all’estero a studiare …in Italia non ci sono speranze!. Una grandissima sconfitta per una nazione che ha dato i natali a grandissimi scienziati, ricercatori, poeti, ……….
Condivido la tesi del post e anche le osservazioni dei vari commenti. Mi sembra che siamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda che si può riassumere in un unico concetto: l’Università va rifondata. Serve, credo, una strategia radicale e illuminata che deve partire da un disegno generale culturale e politico. L’ennesima impresa titanica alla quale è chiamato un Paese che fa acqua da tutte le parti. Sarà il grigiore di queste ultime giornate di giugno sotto la pioggia, ma stasera mi manca l’ottimismo per credere che ce la faremo. Il processo di cambiamento da mettere in atto, oggi è superiore alle nostre capacità e forse, là dove decidono, manca anche la volontà di fare. Magari mi sbaglio, me lo auguro.
Mi piacerebbe sapere quanti dei circa 80.000 professori universitari italiani indicati dalla bella ricerca dell’ Università di Bologna che mi sono scaricata e letta con curiosità, sono delle Autorità riconosciute internazionalmente nel loro ambito e quanti hanno inventato o scoperto qualcosa che ha fatto progredire il sapere in generale. Esiste una graduatoria in tal senso o forse in Italia la oscuriamo ?
Per prima cosa devono essere fatte fuori le “baronie” ottocentesche che ancora vi abitano. Poi, visto che siamo in un mondo globalizzato, si dovrebbero tenere dei corsi di laurea in lingua inglese: è buffo e anacronistico leggere che il TAR ha proibito al Politecnico di Milano di tenere i propri corsi di laurea in inglese dall’anno prossimo, cosa che ha costretto il Rettore ad aggirare la sentenza limitando l’inglese a soli ventinove lauree su 34. E poi non parliamo dei numeri riguardanti i fuori-corso: siamo in cima alla graduatoria mondiale !
Bene il richiamo ai fuori corso. Invece di selezionare gli studenti con dei quiz discutibili (ed uso un eufemismo) perché invece non si adotta il criterio della selezione sul campo, eliminando per esempio chi non riesce a stare in corso. Certo per adottare un criterio siffatto occorre uniformare verso l’alto e non verso il basso, come probabilmente accadrebbe, la qualità dell’insegnamento ed il rigore degli esami. Penso a certe Università del sud; oppure cominciare a distinguere fra Università di serie A, B, C, come di fatto l’industria fa già oggi, ma non lo Stato e la sua Pubblica Amministrazione.
Fondamentale è la collaborazione industria-università. Senza un legame forte e concreto la Nazione non ha futuro. Le università dovrebbero essere autonome con consigli d’amministrazione composti anche da rappresentanti dell’industria, stare sul mercato come un Ente qualunque, totalmente autonomo e cioè autofinanziarsi, vivere di donazioni (legame con l’industria) e solo per una parte minore reggersi sul contributo statale.
Anche i metodi d’insegnamento sono importanti, la disponibilità dei docenti ed il fatto che si sentano responsabili del grado di apprendimento dei loro allievi e della vendibilità sul mercato delle conoscenze acquisite. Al limite ogni docente dovrebbe sentirsi responsabile dell’impiego futuro dei propri allievi, mentre mi sembra che nelle nostre università ognuno sia abbandonato a sé stesso.
…mi sembra appropriato come giudizio: abbandonati a se stessi dai professori e dalle segreterie( la burocrazia e’ soffocante ed a nessuno importa di non far perdere tempo inutile agli studenti).Questo sicuramente demotiva molti,si aggiunga la mancanza di prospettive di lavoro,la mancanza di stimoli culturali,di confronti….ed ecco che moltissimi si adagiano in un limbo di fuoricorso prolungato.Eppure i ragazzi hanno entusiasmo,voglia di essere coinvolti,voglia di essere stimolati,voglia di impegnarsi;sono gli esempi che hanno davanti che li “spengono”.E’ fondamentale rifondare un’universita’ diversa,aperta al mondo ,orientata solo sugli studenti ed il loro futuro,loro futuro che e’ anche il futuro del nostro paese.
Una cosa che mi sono sempre chiesta è perché avere così tante università. Non è meglio averne poche ma valide o validissime su cui concentrare gli investimenti piuttosto che avere in ogni Città una sede universitaria ? Così a mio parere, si distrugge la qualità e si distribuiscono a pioggia sul territorio quelle poche risorse che, se invece fossero concentrate, potrebbero davvero produrre qualche cosa di buono e soprattutto metterci in condizione di competere. Si parla tanto di competitività, ma l’aspetto più importante della competitività non sono la disponibilità di risorse finanziarie e di flessibilità del lavoro (importantissime) ma la qualità delle risorse umane e cioè la loro competenza, professionalità, conoscenza e motivazione: tutte caratteristiche che derivano in gran parte dalla qualità degli studi universitari.
Per non parlare dei “BARONI”. Questo è il nostro sistema ed è difficile che possa cambiare a breve. Eppure non bisogna perdersi d’animo e smantellarlo ed aggiudicare le cattedr, sempre e solo pro tempore, sulla base del prestigio e dei risultati di ciascun professore. Nessuno dovrebbe sentirsi cattedratico PER SEMPRE, ma solamente fino a quando non arriva qualche altro più bravo di lui. Sono concetti impensabili per l’Italia ma sono la norma per le Università migliori del Mondo.
Quello che manca alla nostra Università è la performance dei professori. Chi arriva è a posto per sempre e per arrivare i titoli quali pubblicazioni, scoperte, invenzioni non servono o per lo meno non sembrano essere le variabili più importanti. Ma si può immaginare in Italia un professore straniero titolare di cattedra o incaricato per un certo periodo ? Lo stato non riesce a fare cose simili, al più riesce a considerare dati quali presenza (talvolta nemmeno quella), anzianità (quella si visto che abbiamo i docenti in media più anziani del mondo) etc etc . A questo punto l’unica speranza sono le istituzioni private che invece sono capaci di applicare la meritocrazia quale impulso e mezzo per migliorare ma non sembra che siamo capaci di sviluppare nemmeno quelle. E’ un problema perché continuiamo a restare indietro. indietro.
Alcuni professori italiani potenzialmente sono fortissimi ma anche loro devono andare all’estero per essere eventualmente considerati in Patria, quando acquisiscono magari nelle principali Università americane o inglesi una docenza prestigiosa. I criteri del merito per ottenere e conservare una cattedra non sono seguiti da noi come lo sono nelle principali università e questo fatto è compensato con uno stipendio standard che è lesivo della dignità dei più bravi ed è assolutamente esagerato per i docenti messi li dalla burocrazia. Parametri come giudizio degli alunni, numero di pubblicazioni su riviste di prestigio, numero di scoperte, percentuale di studenti laureati che trovano lavoro entro tre-sei-nove mesi e cose simili non sono nemmeno lontanamente considerati: figuriamoci se sono analizzati per sostituire docenti (praticamente impossibile anche per legge) oppure per variare i compensi dei docenti stessi (anche questo mi pare impossibile per legge)
I giovani se possono vanno a laurearsi all’Estero e poi il rischio che non tornino più a casa è molto alto con la doppia fregatura : dare un grosso contributo agli altri ed aumentare il divario con l’Italia da un lato e non stimolare il miglioramento dell’ Università che si appiattisce sempre più verso il basso dall’altro.
Giusto ! Università ed istruzione sono i campi in cui bisogna intervenire per far ripartire il paese: la preparazione dei nostri laureati non è assolutamente adeguata al mondo del lavoro!